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"Sono uno che insegna a giocare a tennis" dice di sè Riccardo Piatti che ha cresciuto tanti giocatori, da Renzo Furlan a Ivan Ljubicic, fino a Jannik. Ed è stato allenatore, tra gli altri, di Djokovic, Gasquet e Raonic. Ora è il coach di Borna Coric. Dei suoi giocatori dice: "Mi interessa che facciano le cose giuste. I risultati arriveranno"
di Alessandro Mastroluca | 11 maggio 2019
Fa meglio perdere bene che vincere male. Quando c'è da costruire un progetto, spiega Riccardo Piatti, la prestazione conta più del risultato. Coach di Borna Coric, gestisce a Bordighera il Tennis Center dove a 14 anni è arrivato Jannik Sinner, il più giovane top 300 in classifica ATP. “Jannik è il prototipo del tennista perfetto del futuro” dice.
“Io mi sento uno che insegna a giocare a tennis, è la cosa che mi piace di più -ha detto nel suo intervento al Simposio Internazionale organizzato al Foro Italico alla vigilia degli Internazionali BNL d'Italia - Giocatori diversi, di livello e di esperienze diverse, richiedono metodi diversi ma uno stesso principio, un identico obiettivo. “Io come allenatore sto sul progetto” che vuol dire anche “anticipare le cose che potranno succedere”.
Vuol dire anche superare la radicata concezione per cui la competizione veniva considerata “la più importante forma di allenamento specifico per la gara. Questo porta a scegliere i migliori nelle competizioni, ma il futuro si sceglie con i progetti”. Invita a lasciar crescere i ragazzi. “Mettiamoli di fronte alle difficoltà, facciamo sì che imparino ad affrontarle e superarle, alle soglie del professionismo. E facciamo in modo che abbiano energie per spingere e per diventare forti. Jannik è un progetto in questo senso: cerco di far sì che sappia già cosa succederà quando arriverà nel circuito, tra i grandi".
Sinner, dice, “è il progetto più bello e importante della mia carriera. È venuto 4 anni fa a Bordighera. Giocava 3 volte alla settima a tennis, sciava. Massimo Sartori, che mi conosce bene, me lo consigliava. Io all'inizio non ero sicuro che potessimo fare un progetto con lui. Un giorno, dopo tre mesi, mi chiama: giovedì ci sei? Ti porto Jannik. È arrivato, l'ho visto, mi è piaciuto subito. Abbiamo costruito un programma. È andato a vivere con Luka Cvjetkovic (uno dei preparatori che lavora nella sua accademia, arrivato qualche mese prima a Bordighera) che ha due figli più o meno della stessa età. Non volevamo che si staccasse troppo dal suo modo di vivere”.
Maestro dal 1982, dal 1988 ha intrapreso la libera professione. Ha allenato Renzo Furlan (best ranking n. 19 nel 1996), Cristiano Caratti (n. 26 ATP nel 1991), Omar Camporese (n. 25) e Cristian Brandi. Ha portato al best ranking di numero 3 Ivan Ljubicic, che considera “un fratello”, seguito Simone Bolelli e Fabio Fognini. Ha collaborato per un anno con Novak Djokovic e nel 2013 ha allenato Richard Gasquet, “una persona meravigliosa” spiega. Dal 2013 al 2017 ha seguito il giocatore canadese Milos Raonic, “una bella persona ma molto difficile” dice. Con lui, Raonic ha centrato la finale di Wimbledon, la semifinale al Masters di Londra e il best ranking di numero 3. “Pensavo davvero che sarebbe diventato numero 1” ammette Piatti.
Con i tennisti già affermati, il metodo è diverso nella forma, non nella sostanza. “Devo far sì che giochino sempre meglio. Per me è fondamentale che siano in anticipo nella preparazione del colpo e corretti nelle distanze: devono andare a cercare sempre la palla alla stessa altezza. Io ricerco l'anticipo e la ricerca della palla in avanti. Così scarichi il peso in avanti e cominci a prendere campo. Questo è un gioco territoriale, devo andare io verso la palla. Se ho più angolo, costruisco meglio il gioco”.
Ho sempre pensato che i miei giocatori vincono perché pensano di controllare e produrre il gioco
Il lavoro tecnico diventa poi tattico. I giocatori “devono conoscere le posizioni nel campo. Se mi arriva una palla al centro, per esempio, ho tre opzioni: posso muovere l'avversario, posso tirare dalla stessa parte se la palla viene molto veloce, oppure, se ho una palla molto facil,e posso venire a rete. Il gioco sta in questo: far sì che l'avversario mi metta la palla in questa situazione”.
Come allenatore, spiega, “devo stare attento che il mio giocatore sviluppi questo tipo di gioco e non che perda campo e magari vinca la partita lo stesso”.
La chiave tecnica sta nella capacità di colpire in decontrazione. E nel riuscire a farlo con continuità in allenamento. In questo modo verrà più facile ripeterlo anche in partita, anche sotto stress. “ Ho sempre pensato che i miei giocatori vincono perché devono pensare di controllare, di produrre gioco. Sono sicuro che se Coric riuscirà a fare questo, il suo ranking migliorerà e vincerà i grandi tornei”.
Il lavoro tecnico con Sinner, invece, si è concentrato sui dettagli della preparazione dei colpi: come portare la racchetta più alta per far poi scendere la testa e prendere più angoli. Così è migliorata la ricerca della distanza giusta dalla palla, tanto sul dritto (che colpisce senza girare troppo le spalle, in contrazione nella preparazione ma poi in decontrazione nella spinta) quanto sul rovescio. che da ragazzino colpiva molto più alto.
Riccardo Piatti ha soprattutto lavoraro sull'evoluzione del servizio. Dopo il torneo di Adria, racconta, in cui aveva perso 6-4 al terzo contro Ilya Marchenko e messo in campo solo il 42% di prime, l'ha messo di fronte all'alternativa: “o metti più prime in campo o tiri una palla più veloce”. Hanno cambiato il movimento: ora Jannik serve con i piedi uniti, e la velocità media ne guadagna.
Ma soprattutto, racconta, non ha pensato di farlo diventare forte soltanto vincendo. “Dobbiamo far crescere i ragazzi come persone” dice. “Sinner ha vinto due tornei da under 18, uno all'accademia Sanchez-Casals, uno a Doha. In uno era con un mio maestro, in un altro era da solo. Dico sempre: dobbiamo creare loro delle difficoltà. La partita che ha giocato con Lorenzo Musetti nelle Prequalificazioni degli IBI 19 mi è piaciuta perché tutti e due hanno giocato liberi anche sotto stress: vuol dire che di base sono molto buoni”.
Mettere insieme la capacità di non consumare troppe risorse a livello nervoso e l'affinamento delle qualità tecniche, conclude, sarà la chiave per vincere negli anni a venire. Il tennis, infatti, “è molto cambiato.E' molto più veloce ma le qualità tecniche saranno sempre più importanti. Sarà molto interessante il futuro. È come nello sci: se prima uno slalom lo finivi, che so, in 2 minuti, ora devi farlo in un minuto e mezzo. Per cui la tecnica conta molto di più, è importante arrivare freschi nei momenti decisivi. Il tennis sarà sempre migliore. Shapovalov ora gioca molto meglio di Federer quando aveva la sua età, come Auger-Aliassime gioca molto meglio di Nadal a 18 anni" ha detto in un'intervista concessa a Supertennis dopo il suo intervento al Simposio. "I ragazzi giovani vanno protetti dalle situazioni poco costruttive perché non perdano di vista l'obiettivo vero, che è il miglioramento della prestazione”. Giocare bene oggi per vincere domani. È questo il segreto del successo di un progetto.